oh che pensieri mai ti saltano in mente? Bada, che son brutti davvero, Annetta mia! Ti voglio bene poco... io? – e me lo dici così, senz’altro, netto e schietto... oh... – hai scritto, lasciamelo credere, hai scritto questa lettera in un brutto momento – e non voglio pensarci oltre.
Vuoi che ti scriva a lungo, ed eccomi a te. Che se il mio silenzio può far giudicare male di me, non bado più ad altro, metto tutto da parte, e non oso nemmeno domandare che i miei cari mi compatiscano, se lo schiacciante lavoro a cui soggiaccio, m’impedisce di scriver spesso delle lettere. Dalla mattina alle sei fino alle dodici e talvolta financo all’una e talvolta fin... non ho un sol minuto di respiro. Il tempo stringe, Annetta mia, e in meno di due anni, capisci, devo attendere a crearmi una posizione, a diventare uomo... e devo far tutto da me... c’è da impazzire e c’è da incretinire, Annetta mia... Non più versi, non più comedie, non più fantasie – tutta questa è merce che non dà pane... ma tedesco e tedesco e poi tedesco, e glottologia e filologia e lessicografia, e chi non schiatta è bravo! I miei capelli, Annetta mia, se ne vanno a cento a cento il giorno. È vero che il Rapisardi è poeta soltanto pei capelli che ha in capo; ma via! a testa nuda io non farò più il poeta... Che caduta di foglie, benedetto il buon Dio, che sta nei cieli (in terra no, e per questo non lo conosco)! E bada, uscendo dall’anima mia, anche fuori fa freddo. L’inverno è rigidissimo e crudelissimo. Il cielo ha la mia faccia, netta e serena, che irrisione! e la tramontana taglia le carni. Oggi il termometro segna due gradi sotto zero, e seguitando di questo passo giungeremo... oh se ci giungeremo! in Siberia. Scrivo e studio con una pelliccia sulle gambe; la punta del naso non me la sento più; le mani son paonazze; e di tanto in tanto son costretto, per continuare a scrivere, a soffiarmi sulle dita, talmente sono intirizzite.¹
Lina nostra e Calogero che dicono? La mamma come sta? Dille che dimani, mandando il certificato del generale Menotti Garibaldi a Papà, le scriverò lungamente. Questa sera non posso, perché non faccio più in tempo a raccomandare la lettera. Baciamela intanto tu, la Mamma cara, e baciami il buon Babbo nostro, e l’angeletto del mio Giovanni. Tanti baci anche a Innocenzo, quando sarà fra voi. E tu abbitene cento fortissimi dal tuo