siete ancora in villa? o siete in paese? Durerà a lungo la vostra villeggiatura? o è già finita o per finire?
Queste domande su questa carta dovrebbero suscitarvi un vivo senso di pietà, poi che la mia lettera d’oggi, se bene venga a voi piena come sempre di piacevolezze e d’amore, pure, vi so dire, che non sa andare come le altre agile e snella, ed invece si perde in dubbi penosi, non abbia per avventura a trovarvi nella lieta confusione del Caos. Ad ogni modo, questo è certo; che io non so che cosa dirvi.
Sto sano e se voi state sani... stiamo tutti sani. Detto questo mi pare che potrei salutarvi – e pure, no, non vi saluto, vi ringrazio prima di un croccante, che se bene in parte mi fu scroccato, pure mangiai, gustai e... digerii saporitamente. Miglior risposta alla mia lettera non poteva sperare, e se ad ogni lettera come quella voi siete disposti a rispondere con... Bestia ineducata! adesso stavo per dire una... golosa porcheria (ammesso che la porcheria, come i porci – e questo non mi riguarda – abbia una gola)!
Fatto così l’obbligo mio e salutandovi e abbracciandovi tutti con stima e con amore, Luigi allegro finisce, per dar largo a Luigi dalle dolenti note, che incomincia.
L’editore Teubner di Lipsia mi manda insieme alla collezione dei classici greci e latini, da me per necessità di studio commissionata, un’immancabile nota da pagare – fulmine condensato e diretto alla borsa di mio padre, ascendente a lire 50.
Con questo sciaguratamente finisco.
Innocenzo (o Enzo che dir si voglia) trovandosi in dilettantissima passeggiata ginnastica a Gibilrossa, non può scrivervi, ma incaricò stamane, o meglio stanotte alle 3 e mezzo, me di rendervi saluti da parte sua.¹