Lettera ai famigliari, Palermo 30 Aprile 1886

Più che carissimi,

a questo povero foglio son negate le follie della campagna, e voi lo leggerete forse un po’ annojati dalla solitudine, fra le quattro mura di una brutta casa, chiamata palazzo in codesti paesi di morti. Conviene dunque che questa lettera sia seria e un po’ anche nojosa.

Arrivato in Palermo, dopo aver lasciato la zia nella sua vecchia casa, trovai il triste avviso della morte del fratello di Carmelo, in questo poche parole: – «Mimì è morto il giorno 20, sulle cinque ore e mezzo del mattino. Non ha la forza di dirti altro il povero Carmelo tuo»¹ .

Mi addolorai molto. Stetti fin dopo la mezzanotte come un istupidito a pensare, senza saper far nulla, troppo compreso e stravolto dal dispiacere per poter prendere una risoluzione qualsiasi.

Poi non so da qual pensiero fui mosso a scrivere a Carmelo, ma la lettera scritta in quel momento di concitazione è ancora sul mio tavolo e pare che non ci sia verso che io mi rammenti di spedirla.

Tutto questo per dirvi che da due giorni son triste e annojato, e che perciò la lettera deve per necessità riuscir seria e nojosa.

Sono di già in casa della zia Sara, non ancora però bello e rassettato, avendo ancor tutto nell’antica dimora. Senza libri, senza carta, senza letto mio, mi sento mezzo uomo e sembro discretamente imminchionito. Speriamo che tra breve…

Mi annoja, mi annoja, mi annoja lo scrivere. Butto la penna che zoppica e mi sporca le mani.

Statevi bene,
Luigi vostro

La zia e Ninella vi scriveranno tra breve. Don Jano² redivivo, o meglio l’ombra di Don Jano, promette di narrar tutto l’accaduto alla zia, che vi riferirà ogni cosa.

1) Nella primavera di quell’anno Carmelo Faraci aveva improvvisamente sospeso gli studi ed era tornato a Sant’Agata di Militello per assistere il fratello Domenico, giovane di ventiquattro anni che muore di tisi il 20 aprile 1886. Dopo il tragico evento e avendo scoperto di essere affetto dallo stesso morbo, Faraci era rimasto nel paese natio per curarsi sui Nebrodi
2) Don Jano, già sposato e con una figlia, aveva lasciato la famiglia per fuggire con la giovane Peppina (figlia della zia Marianna, una delle sorelle di Stefano Pirandello), dalla quale pare ebbe molti figli. Il ritorno dell’uomo in Via Bontà aveva di certo alimentato le chiacchiere di quartiere. La lettera si conclude con un disegno caricaturale, riprodotto in LGPR, 124
Edizione Nazionale Digitale delle opere di Luigi Pirandello
MIBACTOSCAR MONDADORICINUMFONDAZIONE SICILIA
COMMISSIONE PER L’EDIZIONE NAZIONALE DELL’OPERA OMNIA DI LUIGI PIRANDELLO
Presidente: Aldo Maria Morace
Presidente in memoriam: Angelo R. Pupino
Segretario: Marco Manotta
Componenti: Beatrice Alfonzetti, Annamaria Andreoli, Rino Caputo, Stefano Carrai, Simona Costa, Clelia Martignoni, Michael Rössner, Antonio Sichera
EDIZIONE DIGITALE
DELL'OPERA OMNIA

Direttori: Antonio Sichera - Antonio Di Silvestro
Équipe dell’edizione: Liborio Barbarino - Giulia Cacciatore - Giuseppe Canzoneri - Christian D’Agata - Milena Giuffrida - Laura Giurdanella - Myriam Grasso - Ana Ilievska -  Giuseppe Palazzolo - Pietro Russo - Carmelo Tramontana - Eliana Vitale - Alessandro Zammataro