vi ho scritto una lettera da Palermo, vi ho spedito un telegramma prima e poi un’altra lettera da Roma,¹ e ancora, ancora, ancora nessuna risposta mi è pervenuta. Datemi notizie almeno della vostra salute, perché io non mi finga col pensiero, nel tedio di ogni cosa che mi possiede, le più tristi fantasie intorno a voi.
Quel ladro di Palermi² è andato via senza rendermi un quattrino, ed ora da lontano, nel pieno esercizio del suo mestiere di scena, ha pur viso di volermi impietosire con la narrazione dei casi suoi, dicendomi della vita strema e misera, che vive là su. Oh quel ragazzo è bene avviato e procaccerà senz’altro sua ventura seguitando la via che ha tra’ piedi! Il fine, egli lo giungerà di sicuro, se una casa di salute nel bel mezzo non lo trarrà di scena. Sozzo can vituperato!
E intanto, per cagion sua, io sono ancora in sul rendere, e il dover rendere a Rocco quello che non ho, e però è un cadermi la faccia tra’ piedi ogni qual volta io mi porto a casa sua; e lascerei al più vile usurajo pegno la mia anima e gli occhi miei, pur di uscire di così mala pena. Io non fo, io non fo, io non fo altro che soffiare, e sbadigliar sospiretti; il danaro andato non torna. Vi prego adunque di spedire al mio indirizzo – via delle Colonnette, 9A - 3° piano – la mesata di Marzo, perché possa acconciare nel miglior modo possibile questa brutta faccenda con Rocco, che non dovrà saperne alcun che. Io per parte mia, starò in angustie un mese, ma voglio per castigarmi che così sia. Farò tesoro della esperienza e non mi farò altro uccellare da’ mille cacciatori di borse, che sono per modo di dire l’onesta gente cittadina. E non state in pensiero per me. Tanto, chiusi tutti i teatri di prosa, io non avrò più modo di spendere il mio denaro altrimenti che in fumo e in francobolli.
La compagnia di Cesare Rossi, con la Glech, è andata al Sannazaro di Napoli, invece che al Valle di Roma, e però è andata anche via la speranza che avevo di guadagnare in questa quaresima, con le mie Popolane, un po’ di nome, e quel che più importa, un po’ di danaro,³ Per ora adunque non mi resta che sfogar la mia bile in versi, come questi che vi acchiudo.⁴
Rispondetemi presto e attenetevi alla mia preghiera. State sani come io sto e vivetevi lieti
P.S. Lina ha risposto? Le scriverò fra breve da Roma. Mi sono incaricato delle Piante di Ofelia.⁵ Domando io: è forse musica quella del mille e trecento? La succursale della casa Ricordi in Roma non l’ha, e però mi disse di aspettare che si rivolgesse alla centrale di Milano Annetta mia, pazienza.